14 dic 2011

La corsa rallentata dell'umanità

L'uomo è nato per correre. È questa la conclusione a cui permettono di giungere diversi studi sulle abitudini e sulla struttura corporea del genere Homo.
L'anatomia umana si sarebbe infatti sviluppata anche in base agli stimoli della corsa, un'attività indispensabile per i nostri antenati, costretti a inseguire le prede oppure a fuggire dai predatori per sopravvivere nella savana. Secondo le ricerche di Daniel Lieberman, biologo evolutivo dell'Università di Harvard, più che la postura eretta - privilegio delle australopitecine per almeno 2,5 milioni di anni - sarebbe stato questo a differenziarci dagli altri rami del cespuglio evolutivo degli ominidi, segnando per sempre la nostra identità di corridori.
O meglio, quasi per sempre.

Un Homo habilis nell'atto di correre
È infatti evidente come, col passare dei millenni, la velocità media dei nostri passi sia sensibilmente rallentata; tornato che, al giorno d'oggi, fare jogging e andare in palestra sono dei passatempi che trascendono le nostre attività quotidiane.
Nel giro di due milioni di anni (a tanto risale la nostra separazione dagli altri Hominidae), la specie umana, una tra le più performanti in termini di resistenza, è diventata la più sedentaria.

La prova che questa trasformazione va contro la nostra natura giunge dal campo della medicina sportiva: Christopher McDougall, giornalista americano autore del bestseller Born to Run, ha approfondito il tema dopo aver conosciuto gli indiani Tarahumara (da lui stesso definiti una tribù du super-atleti). Ebbene, ha scoperto che le persone che corrono a piedi nudi sono le meno esposte agli infortuni muscolari, e che esiste una precisa postura che permette di migliorare i propri risultati nella corsa. A quanto pare, la strategia delle aziende produttrici di scarpe da ginnastica è volutamente fuorviante: qualsiasi calzatura, anche la più ergonomica, non può che compromettere il benessere del corridore "naturale".

Simpatica interpretazione dell'evoluzione del brand di abbigliamento sportivo Pearl iZUMi


Le caratteristiche necessarie per poter praticare regolarmente la corsa sono: capacità di assorbire l'impatto del piede con il terreno, attraverso sistemi di distribuzione dell'energia; equilibrio e stabilità corporei; muscolatura sufficientemente potente; possibilità di mantenere costante la temperatura corporea, espellendo il calore accumulato durante la corsa. Tutte in nostro possesso, grazie a una serie di tratti (sono 26 quelli individuati da Lieberman) esclusivi dell'essere umano. Tratti che, tuttavia, stando alle intuizioni del paleoantropologo Ronald J. Clarke, non si sarebbero sviluppati dal nulla, bensì a partire da quelli dell'Australopithecus.

Il processo di "rallentamento" fu poi favorito dallo sviluppo di strumenti che migliorarono le tecniche di caccia, dalla suddivisione dei compiti all'interno delle comunità umane e dal raffinamento della comunicazione inter-individuale: tutti fattori che resero sempre meno necessaria la rapidità dei movimenti ai fini della sopravvivenza. La qualità della vita ne risentì sensibilmente, e con essa la progressiva evoluzione verso l'Homo sapiens moderno. Ciononostante, è auspicabile che tale processo non si prolunghi all'infinito: la grande disponibilità odierna di cibo e informazioni potrebbe indurci a frenare, oltre agli arti, anche il nostro cervello.

Per saperne di più, si veda: Antropos 2005 – Vol 1, n.1, pp. 39-48.

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