1 ott 2012

Educazione evoluzionista: di come i bambini non abbiano bisogno di Dio

In data 24 settembre, sul sito del quotidiano Avvenire è apparso un articolo, a firma Fiorenzo Facchini - "antropologo, paleontologo, oltre che sacerdote della Chiesa di Bologna" - in cui si discute della compatibilità tra teoria evoluzionistica e creazionismo (che negli ultimi anni sta cercando di riemergere, a partire dagli Stati Uniti, sotto il nome di "Intelligent Design").
​Tra evoluzione, come teoria scientifica, e creazione, come verità teologica, se si prendono nei contenuti propri di ciascuna, non dovrebbero esserci contrapposizioni.
Così si esprime l'eminente prelato, che giustifica in questo modo la propria posizione:
[...] l’intervento di Dio nella comparsa dell’uomo non è per supplire a deficienze di causalità di ordine naturale al fine di realizzare una struttura biologica complessa, ma perché la struttura fisica del vivente non è adeguata a produrre da sola un essere arricchito dello spirito. Occorre una volontà superiore, il concorso di Dio Creatore.
Vorremmo, innanzitutto, sapere qualcosa di più sulle modalità di rilevamento, e di misurazione, di questo "spirito", tanto decantato dalla Chiesa cattolica ma mai descritto dettagliatamente sulle riviste scientifiche. Vorremmo, in seguito, capire qual è stato il principale passatempo divino nelle centinaia di milioni di anni trascorsi tra la Sua creazione del mondo («Nell’economia divina, che include lo sviluppo e il manifestarsi delle potenzialità della creazione, può essere visto il Big Bang, la grande esplosione a cui vengono ricollegati gli inizi e la formazione dell’universo», afferma ancora Facchini) e la nascita dell'uomo: perché, in altre parole, questo presunto essere superiore abbia deciso di aspettare così tanto, prima di esprimere al massimo il proprio potenziale produttivo attraverso la creatura che più gli somiglia.

Fonte: corriere.it


Negli Stati Uniti, stando a un sondaggio della Gallup del giugno 2012, la percentuale di persone che crede nella creazione come origine del mondo è ancora pericolosamente vicina a quella degli anni Ottanta. Segno che, in questo settore, i progressi educativi sono lenti, anche perchè osteggiati - non soltanto nel continente americano - dall'establishment religioso.
Tanto che c'è una vera e propria lobby che spinge per introdurre l'insegnamento del creazionismo nelle scuole (come spiega Franca Porciani).

Chi sostiene posizioni come quella menzionata all'inizio ha probabilmente degli interessi del genere: sgretolare - con tesi prive di qualsiasi fondamento razionale - l'insieme di prove che nel corso dei decenni hanno dato sempre più solidità alla teoria dell'evoluzione (nella versione che oggi viene chiamata in maniera "sintesi neo-darwiniana"), fino a renderla una teoria pari, per scientificità, a quelle della gravitazione di Newton e della relatività di Einstein. Educare gli studenti al creazionismo, o anche lasciare al singolo istituto liberta di sceltà tra questo e l'evoluzionismo, sarebbe come permettere a un insegnante di affermare che Roma fu fondata da due gemelli allattati da una lupa (ooops!).

I nIpoti di GalileoQual è dunque la soluzione migliore? Probabilmente, evitare di eleggere Governi che abbiano al loro interno ministri dell'istruzione, dell'università e della ricerca come Letizia Moratti, non è sufficiente. Serve ripartire da zero, ossia tagliare il cordone ombelicale che ci tiene uniti alla Città del Vaticano e valorizzare, anche in ambito scolastico, il patrimonio scientifico che da secoli caratterizza il nostro Paese: il materiale umano c'è già - come testimonia il libro di Pietro Greco I nipoti di Galileo - bisogna soltanto utilizzarlo.

Come affermato da Umberto Veronesi, non è sufficiente prevedere l'insegnamento della teoria dell'evoluzione nei licei o negli atenei. "Il darwinismo è un abito mentale, e come tale è fondamentale acquisirlo il più precocemente possibile".
Per tal motivo, sarebbe indispensabile fare l'opposto di ciò a cui siamo abituati: educare i bambini a vedere la natura con occhi diversi, eliminando il prosciutto rappresentato dalla interpretazione clericale della realtà.

"E pensare che nel 1875 - come racconta Telmo Pievani nell'articolo Darwin, l'Italia e gli italiani - Vittorio Emanuele II nominava Charles Darwin socio straniero dell'Accademia dei Lincei." [cit.]

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