18 mar 2013

Il design al servizio dell'uomo

Manca meno di un mese al Salone Internazionale del Mobile, l'appuntamento che ogni anno richiama a Milano il meglio dell'imprenditoria italiana nel settore dell'arredamento e, di conseguenza, decine di migliaia di visitatori. Ancora più attratti, probabilmente, dalla Milano Design Week, più comunemente noto come "Fuori Salone":  una moltitudine di iniziative dislocate in diverse zone che animano l'intera città, istituzionalizzate all'inizio degli anni '90 grazie alla rivista Interni, che ne pubblica annualmente una guida allegata al numero di aprile.



Spesso e volentieri, il termine che viene più frequentemente associato a eventi del genere è "fuffa"*. Questo perché il design è associato a una galassia di professionisti - i designer, appunto - difficilmente collocabili in una categoria, e per questo impossibili da etichettare. Di conseguenza, ciò di cui costoro si occupano viene considerato frivolo e non necessario.

Niente di più sbagliato. "Quando si parla di design di un telefono, o della maggior parte degli oggetti, solitamente si fa riferimento al loro aspetto esteriore, ma è in realtà solo la punta dell'iceberg. È grazie a quel processo di analisi, visualizzazione, pianificazione ed esecuzione che chiamiamo design che le innovazioni della ricerca scientifica sono tradotte in prodotti che che possono semplificarci la vita e renderla più piacevole, come gli smartphone."
Sono parole Alice Rawsthorn, autorevole critica del design che scrive per l'International Herald Tribune.
"Il suo ruolo [del design, N.d.R.] è quello di fare da agente di cambiamento, per aiutarci a dare un senso a ciò che ci circonda e a volgerlo a nostro vantaggio. Ogni esercizio di design punta a cambiare qualcosa, a prescindere che la sua intenzione sia trasformare la vita di milioni di persone, o rappresentare una marginale differenza solo per una di loro."

Il "Fuori Salone" può dunque essere un'occasione più unica che rara per comprendere l'importanza della cultura materiale (espressione con la quale si indicano tutti gli aspetti "visibili" di una cultura, quali i manufatti urbani, gli utensili della vita quotidiana e delle attività produttive) e della sua evoluzione.
A partire dagli anni Settanta, alcuni ricercatori, in particolare archeologi, iniziarono a ipotizzare che non soltanto il comportamento umano è soggetto alla selezione naturale, ma lo sono anche i prodotti di tale comportamento, in particolare i componenti della cultura materiale. Evolvendosi, l'essere umano ha perso molti dei propri meccanismi biologici, le cui funzioni sono adesso svolte dalla nostra tecnologia.
Questi strumenti contribuiscono quindi alla nostra fitness, per cui è stato affermato che i prodotti dell'evoluzione materiale devono essere considerati parte del fenotipo umano. Poiché la selezione naturale opera sul fenotipo, ne deriva che essa opera anche sulla cultura materiale.

L'evoluzione della pedana da skateboard. Fonte: Evolution: Education and Outreach.

Come nel caso dei tratti biologici, anche quelli culturali possono essere funzionali o neutrali (altrimenti detti "stilistici"), e il loro status dipende in larga misura dal contesto. Non tutti i tratti funzionali, inoltre, aumentano la fitness: ad esempio, alcuni di essi possono essere ereditati nel corso delle generazioni solo perché sono connessi ad altri tratti che vengono selezionati per la loro utilità.
E ciò che avviene nel mondo del design: determinate caratteristiche di rivelano davvero utili per il progresso (di milioni di persone o di una di loro), mentre altre sono un portato della tradizione o dell'abitudine. Compito dei designer è quello di indirizzare l'innovazione lungo i giusti binari, impedendole di sedersi sugli allori della moda e della tradizione.

Esiste perciò un grimaldello contro la fuffa rappresentata dal design mainstream: far contribuire l'intera comunità allo sviluppo di un design democratico, partecipativo e utile per tutti. I professionisti dovrebbero dunque accogliere le istanze provenienti dalla Società Civile e inglobarle nella propria attività quotidiana. Solo così produttori e consumatori potranno venirsi incontro, e solo così i secondi apprezzeranno davvero il lavoro dei primi.
E la Design Week tornerà ad essere davvero di tutti.

"An object is no longer something you merely consume. It’s something you create."
Yves Béhar

fuori salone 2013
fuorisalone.it

* fuffa ‹fùf·fa› s.f., region. 1. Merce dozzinale, di scarsissimo o nessun valore; ciarpame, paccottiglia: l’arte contemporanea è tutta f. 2. fig. Chiacchiera senza alcun fondamento o significato, discorso risaputo, luogo comune: i blog sono pieni di fuffa ║ Apparenza ingannevole e priva di sostanza: la sua famosa competenza è tutta fuffa. ETIMO: voce onomatopeica di origine lombarda. DATA: sec. XX. (Fonte: Il Devoto-Oli. Vocabolario della lingua italiana)

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